(Cons. Stato, Ad. Plen., 2 luglio 2020, n. 12)
La Plenaria ha messo fine alla teoria del ricorso al buio, chiarendo alcuni aspetti relativi alla decorrenza del dies a quo per impugnare i provvedimenti di aggiudicazione nell’ambito delle procedure selettive per l’affidamento dei contratti pubblici.
I principi di diritto affermati sono i seguenti:
- il termine per l’impugnazione dell’aggiudicazione decorre dalla pubblicazione generalizzata degli atti di gara, tra cui devono comprendersi anche i verbali di gara, ivi comprese le operazioni tutte e le valutazioni operate dalle commissioni di gara delle offerte presentate, in coerenza con la previsione contenuta nell’art. 29 del d.lgs. n. 50 del 2016;
- le informazioni previste, d’ufficio o a richiesta, dall’art. 76 del d.lgs. n. 50 del 2016, nella parte in cui consentono di avere ulteriori elementi per apprezzare i vizi già individuati ovvero per accertarne altri, consentono la proposizione non solo dei motivi aggiunti, ma anche di un ricorso principale;la proposizione dell’istanza di accesso agli atti di gara comporta la “dilazione temporale” quando i motivi di ricorso conseguono alla conoscenza dei documenti che completano l’offerta dell’aggiudicatario ovvero delle giustificazioni rese nell’ambito del procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta;
- la pubblicazione degli atti di gara, con i relativi eventuali allegati, ex art. 29 del d.lgs. n. 50 del 2016 è idonea a far decorrere il termine di impugnazione;
- sono idonee a far decorrere il termine per l’impugnazione dell’atto di aggiudicazione le forme di comunicazione e di pubblicità individuate nel bando di gara ed accettate dai partecipanti alla gara, purchè gli atti siano comunicati o pubblicati unitamente ai relativi allegati”.
Forse un po’ ridondante per ciò che riguarda la pubblicazione e la comunicazione, la massima è comunque importante nella parte in cui ribadisce la teoria della dilazione temporale, secondo cui il termine per impugnare subisce uno slittamento in avanti in tutti i casi in cui l’accesso agli atti risulta imprescindibile per conoscere i contenuti del provvedimento da impugnare.
Altra questione rilevante riguardava la necessità o meno di proporre ricorsi al buio, ossia prima ancora di conoscere i contenuti del provvedimento da impugnare, che la Plenaria ha espressamente escluso, richiamando sul punto la giurisprudenza della Corte di giustizia UE.
Questi erano, essenzialmente, i punti nevralgici della questione sottoposta alla Plenaria.
Nella motivazione della sentenza, la Plenaria chiarisce che la dilazione temporale è oggi pari a 15 giorni e che, se la stazione appaltante dovesse impedire l’accesso agli atti, il termine inizierebbe a decorrere solo una volta esercitato l’accesso.
I passaggi fondamentali sono contenuti nei punti 19 e 27 della motivazione.
Con riguardo al tema del ricorso al buio, la risposta è stata così espressa al punto 31 della motivazione: “Poiché il termine di impugnazione comincia a decorrere dalla conoscenza del contenuto degli atti, anche in tal caso non è necessaria la previa proposizione di un ricorso ‘al buio’ (…) cui dovrebbe seguire la proposizione di motivi aggiunti”
Una ulteriore argomentazione posta a base della sentenza è costituita dal richiamo alla normativa ed alla giurisprudenza eurounitaria.
In particolare, viene richiamato l’art. 2-quater della direttiva n. 665 del 1989, nonché la giurisprudenza della Corte di giustizia, secondo la quale “gli Stati membri hanno l’obbligo di istituire un sistema di termini di decadenza sufficientemente preciso, chiaro e prevedibile, onde consentire ai singoli di conoscere i loro diritti ed obblighi” (Corte di Giustizia, 14 febbraio 2019, in C-54/18, punto 29; 7 novembre 1996, in C-221/94, punto 22; 10 maggio 1991, in C-361/88).