(Cass. civ., SSUU, 17 dicembre 2020, n. 28972)
Con una pronuncia resa nell’interesse della legge, visto che le parti avevano nel frattempo rinunciato al ricorso, le Sezioni Unite hanno escluso l’ammissibilità di una convenzione pattizia che attribuisca ad uno dei condomini il diritto reale di uso esclusivo di un bene condominiale.
Il ragionamento delle Sezioni Unite si snoda attraverso i seguenti tre passaggi:
- la descrizione di ciò che debba intendersi come “uso della cosa comune”;
- l’analisi di tutte le ipotesi che potrebbero in astratto giustificare un uso “esclusivo” di un bene condominiale, ma che in concreto non appaiono fondate;
- la sorte del contratto che abbia attribuito un diritto di uso esclusivo ad uno dei condomini.
Al termine di una disamina, le Sezioni ribadiscono sia il principio del numerus clausus, che quello della tipicità dei diritti reali, richiamando una sentenza del 1950 in cui era stata evidenziata la finalità del diritto di proprietà sia rispetto agli interessi egoistici, che rispetto a quelli generali.
In particolare, secondo Cass. 31 maggio 1950, n. 1343, i “fini essenziali” della proprietà sono “convergenti da un lato alla integrazione e allo sviluppo della personalità individuale e dall’altro al benessere e al progresso della comunità attraverso l’incremento della produzione e l’attivazione degli scambi. Di qui la necessità di non abbandonare all’autonomia privata la materia dei diritti reali (iura in re aliena) e di mantenere la loro creazione entro schemi inderogabili fissati da esigenze di ordine pubblico” (la massima è riportata nella sentenza delle SSUU).
Ci sarebbe quindi un ordine pubblico, diremmo immanente al sistema, che mira a garantire un certo equilibrio tra le spinte “egoiche” e le controspinte “comunitarie”, e che si pone alla base del principio di tipicità dei diritti reali.
Diversamente opinando, se il diritto di proprietà fosse lasciato alla libera negoziazione dei privati, verrebbe sicuramente meno quella funzione “comunitarizzante”, o comunque generale, di cui vi è traccia anche nell’art. 42 Cost.
Sicchè nei rapporti con i beni materiali, concludono le Sezioni Unite, “è da tenere fermo che (…) i poteri che scaturiscono dal singolo diritto reale in favore del suo titolare sono quelli determinati dalla legge e non possono essere validamente modificati dagli interessati”.