La vicinitas non è più sufficiente a dimostrare l’interesse al ricorso: serve una lesione

(Cons. Stato, Ad. Plen., 9 dicembre 2021, n. 22)

La Plenaria muta il proprio indirizzo in tema di interesse al ricorso nella materia dell’edilizia e della urbanistica.

Vengono anzitutto richiamate le conclusioni a cui era già pervenuta Ad. Plen. n. 4 del 2018, ossia che l’interesse presuppone una lesione e la conseguente utilità ritraibile dall’annullmento dell’atto impugnato.

Con la precisazione, però, che la verifica dell’interesse deve essere svolta sulla base degli elementi desumibili dal ricorso, nel senso che è sufficiente la prospettazione, mentre la prova effettiva della lesione attiene al merito della lite.

Con specifico riguardo allo specifico tema della vicinitas, viene superato il precedente orientamento che includeva in tale nozione sia la legittimazione che l’interesse ad agire, aderendo alla teoria minoritaria, che invece attribuiva alla vicinitas il ruolo di dimostrare la sola legittimazione al ricorso.

In particolare, la lesione che il ricorrente è chiamato ad allegare per dimostrare un interesse al ricorso viene individuata nelle seguenti casistiche dalla Plenaria:

  • un possibile deprezzamento dell’immobile;
  • una compromissione della salute e dell’ambiente;
  • diminuzione di aria, luce, visuale o panorama;
  • aumento del carico urbanistico, in termini di riduzione dei servizi pubblici, sovraffollamento, aumento del traffico;
  • aumento della concorrenza nell’ambito dello stesso bacino d’utenza.

In conclusione, vengono affermati i seguenti principi:

a) Nei casi di impugnazione di un titolo autorizzatorio edilizio, riaffermata la distinzione e l’autonomia tra la legittimazione e l’interesse al ricorso quali condizioni dell’azione, è necessario che il giudice accerti, anche d’ufficio, la sussistenza di entrambi e non può affermarsi che il criterio della vicinitas, quale elemento di individuazione della legittimazione, valga da solo ed in automatico a dimostrare la sussistenza dell’interesse al ricorso, che va inteso come specifico pregiudizio derivante dall’atto impugnato;

b) L’interesse al ricorso correlato allo specifico pregiudizio derivante dall’intervento previsto dal titolo autorizzatorio edilizio che si assume illegittimo può comunque ricavarsi dall’insieme delle allegazioni racchiuse nel ricorso;

c) L’interesse al ricorso è suscettibile di essere precisato e comprovato dal ricorrente nel corso del processo, laddove il pregiudizio fosse posto in dubbio dalle controparti o la questione rilevata d’ufficio dal giudicante, nel rispetto dell’art. 73, comma 3, c.p.a.;

d) Nelle cause in cui si lamenti l’illegittimità del titolo autorizzatorio edilizio per contrasto con le norme sulle distanze tra le costruzioni imposte da leggi, regolamenti o strumenti urbanistici, non solo la violazione della distanza legale con l’immobile confinante con quello del ricorrente, ma anche quella tra detto immobile e una terza costruzione può essere rilevante ai fini dell’accertamento dell’interesse al ricorso, tutte le volte in cui da tale violazione possa discendere con l’annullamento del titolo edilizio un effetto di ripristino concretamente utile, per il ricorrente, e non meramente emulativo.