Alle Sezioni Unite la teoria del danno in re ipsa nella lesione del diritto di proprietà

(Cass. civ. sez. III, 17 gennaio 2022, n. 11626)

(Cass. civ. sez. II, 9 febbraio 2022, n. 3946)

La questione del danno da occupazione sine titulo ha dato luogo, in giurisprudenza, a soluzioni contrapposte.

Da un lato, il risarcimento è stato ammesso solo quando il privato avesse dato prova di un pregiudizio patrimoniale connesso al mancato utilizzo del bene (teoria del danno-conseguenza).

Dall’altro lato, è stato riconosciuto il risarcimento per la semplice lesione della proprietà (teoria del danno in re ipsa).

Il complesso tema ha formato oggetto di due recenti ordinanze della Corte di Cassazione, che hanno devoluto la questione alle Sezioni Unite.

La prima ordinanza, in ordine temporale, è della sez. III (n. 11626 del 17 gennaio 2022) e affronta la questione generale della prova del danno subito dal proprietario a causa della occupazione abusiva del bene da parte di terzi.

In questa ordinanza vengono contrapposte le due teorie (del danno in re ipsa e del danno da provare in modo puntuale). In particolare, viene richiamata l’impostazione seguita dalla sentenza n. 13071/2018, secondo cui la teoria del danno in re ipsa confonderebbe la lesione con il danno-conseguenza, e soprattutto implicherebbe una funzione punitiva dell’istituto risarcitorio, non espressamente prevista per legge e quindi contraria a quanto stabilito dalle SSUU (n. 16601 del 2017).

Con la successiva ordinanza di rimessione alle SSUU, la sez. II (n. 3946 del 9 febbraio 2022) ha affrontato un argomento logicamente preliminare. È stato rilevato, in particolare, come l’impostazione seguita dalla ordinanza della sez. III fosse incentrata sulla lesione della proprietà come danno da mancato guadagno. La sez. II, invece, ha inteso evidenziare come la lesione della proprietà possa incidere anche su di interesse a conservare, ossia a godere del bene in modo diretto, senza necessariamente far riferimento al mancato guadagno e alla ritraibilità di utilità derivanti dalla natura fruttuosità del bene.

In tal caso, quindi, la lesione del bene è logicamente distinta dal danno, ma “la prova del secondo si esaurisce in quella del primo”.

In questa accezione, la teoria del danno in re ipsa non appare del tutto irragionevole.

L’ordinanza, poi, conclude sostenendo che la misura del danno riconoscibile potrebbe essere validamente parametrata al valore locativo del bene.