Decorrenza del termine per impugnare l’esito della gara in caso di accesso agli atti

(Cons. Stato, sez. III, 15 marzo 2021, n. 1792)

Una curiosa applicazione del principio di dilazione del termine per impugnare l’esito della gara, stabilito dalla Adunanza Plenaria n. 12 del 2020.

Nella specifica vicenda posta all’attenzione del Consiglio di Stato, la cronologia degli eventi può essere così schematizzata:

  • 19 novembre 2020: aggiudicazione della gara;
  • 25 novembre 2020: istanza di accesso all’offerta tecnica (6 giorni dopo);
  • 10 dicembre 2020: ostensione della documentazione (15 gg dopo l’istanza di accesso);
  • 11 gennaio 2021: notifica del ricorso.

Secondo la tesi della stazione appaltante, dal termine di 45 giorni stabilito dalla Plenaria n. 12/2020 avrebbe dovuto sottrarsi il numero di giorni impiegato dalla ricorrente per proporre l’istanza di accesso (nel caso di specie 6 giorni).

Il Consiglio di Stato, invece, ha respinto la tesi, sostenendo che “la tesi della c.d. “sottrazione dei giorni” sostenuta dalle appellanti non sembra essere un portato necessario dei principi affermati dall’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato nella sentenza n. 12 del 2 luglio 2020 e non pare del tutto compatibile con il principio dell’effettività della tutela giurisdizionale riconosciuto dal diritto nazionale (art. 24 Cost.) ed europeo in materia di ricorsi relativi agli appalti pubblici”.

In particolare, il Consiglio di Stato ha ritenuto che al concorrente debba essere concesso un congruo termine per presentare l’istanza di accesso, almeno pari a quello che la stazione appaltante ha per ostendere gli atti.

Questo il passaggio motivazionale espresso al punto n. 19.1 della sentenza: “La Sezione non ignora che, in seguito alla pronuncia dell’Adunanza Plenaria, esista un orientamento più rigoroso in questa materia (v. ad esempio, Cons. St., sez. V, 15 aprile 2021, n. 3127) …., ma nondimeno ritiene che debba essere permesso alla concorrente per poter chiedere l’accesso un congruo termine, eguale a quello assegnato all’amministrazione per consentirlo (“immediatamente e comunque entro quindici giorni”: art. 76, comma 2, del d.lgs. n. 50 del 2016), senza sottrarre questi pochi giorni (nel caso di specie appena sei), invero già esigui perché contraddistinti da rigide preclusioni decadenziali ispirate in questa materia ad una evidente ratio acceleratoria, dai 45 giorni indicati dall’Adunanza plenaria, in modo da non superare così nel rispetto della stessa ratio acceleratoria, complessivamente e a tutto concedere anche nell’ipotesi di richiesto (e ottenuto) accesso, il termine ordinario massimo di 30 giorni per impugnare gli atti di gara”.

La tesi non è certo esposta in un linguaggio limpido, ma si capisce che il Consiglio di Stato ha inteso far decorrere il termine di 45 gg dal momento in cui l’accesso agli atti è stato consentito, e non dalla pubblicazione degli atti di gara.

Solo in questo modo, infatti, si è potuto ritenere tempestivo un ricorso notificato l’11 gennaio, quando l’accesso era stato consentito il 10 dicembre, e quindi quando tra le due date intercorre un termine di 32 giorni.

Il che, però, non sembra corrispondere esattamente allo spirito della pronuncia della Adunanza Plenaria n. 12 del 2020.

Una soluzione alternativa sarebbe stata la seguente:

  • il ricorrente ha 15 giorni di tempo per fare accesso agli atti, e nel caso di specie ne ha impiegati 6;
  • dalla presentazione dell’istanza decorrono i 15 giorni entro cui la stazione appaltante ha il dovere di ostendere la documentazione (e nel caso di specie sono stati rispettati);
  • una volta messi a disposizione gli atti richiesti dal concorrente, il termine per proporre il ricorso è quello ordinario di 30 giorni.

Troppo facile? Forse.