La Plenaria dovrà valutare l’ammissibilità di un vincolo di destinazione d’uso a tutela di un bene culturale

(Cons. Stato, sez. VI, 28 giugno 2022, n. 5357)

Una vicenda senza dubbio complessa, quella sottesa alla pronuncia che si commenta.

Un celebre ristorante romano è stato dichiarato bene di interesse culturale, per via non solo della presenza al suo interno di alcuni manufatti riconducibili allo scultore Gino Mazzini, ma anche per le frequentazioni che lo hanno interessato nel corso degli ultimi 50 anni.

Nella relazione ministeriale, in particolare, l’attività svolta all’interno del locale – descritta nei minimi dettagli, addirittura con riferimento alle movenze del ristoratore durante l’atto di servire le pietanze – è stata considerata come “espressione di identità culturale collettiva”.

Al di là dei dubbi che possono ragionevolmente nutrirsi in ordine alla qualificazione dell’attività di ristorazione in termini di “cultura”, visto che a quel punto il concetto avrebbe una latitudine semantica tale da renderlo sostanzialmente insignificante per eccesso di significato, il punto giuridico di rilievo è consistito nel valutare la legittimità di un vincolo che, per il concreto atteggiarsi dei suoi effetti, si risolve nell’attribuire ad un bene immobile una peculiare destinazione d’uso.

Il che, secondo un primo orientamento giurisprudenziale, incide non solo sul diritto di proprietà, ma anche sulla libertà di iniziativa economica.

Secondo una diversa impostazione, invece, non sarebbe preclusa al Ministero la possibilità di vincolare, oltre alla res, anche l’attività in essa svolta.

Molto interessanti appaiono i riferimenti giurisprudenziali della Corte costituzionale, che forniscono un quadro abbastanza preciso dei limiti entro cui il potere di vincolare l’attività di iniziativa economica dovrebbe esplicarsi.

Per dirimere il contrasto venutosi a creare, la Sezione ha rimesso alla Plenaria i seguenti quesiti:

1) se, in presenza di beni culturali per “riferimento con la storia politica, militare, della letteratura, dell’arte, della scienza, della tecnica, dell’industria e della cultura in genere” ex art. 10, comma 3, lett. d), D. Lgs. n. 42/04, il potere ministeriale di tutela ex artt. 18, comma 1, 20, comma 1, 21, comma 4, e 29, comma 2, D. Lgs. n. 42/04, possa estrinsecarsi nell’imposizione di un vincolo di destinazione d’uso del bene culturale, funzionale alla conservazione della integrità materiale della cosa o dei suoi caratteri storici o artistici; in caso affermativo, se ciò possa avvenire soltanto qualora la res abbia subito una particolare trasformazione con una sua specifica destinazione e un suo stretto collegamento per un’iniziativa storico-culturale di rilevante importanza ovvero ogniqualvolta le circostanze del caso concreto, secondo la valutazione (tecnico) discrezionale del Ministero, adeguatamente motivata nel provvedimento di dichiarazione dell’interesse culturale sulla base di un’approfondita istruttoria, giustifichino l’imposizione di un siffatto vincolo di tutela al fine di prevenire situazioni di rischio per la conservazione dell’integrità materiale del bene culturale o del valore immateriale nello stesso incorporato;

2) se, in presenza di beni culturali ex art. 10, comma 3, lett. d), D. Lgs. n. 42/04 che rappresentino (altresì) una testimonianza di espressioni di identità culturale collettiva ex art. 7 bis D. Lgs. n. 42/04, il potere ministeriale di tutela ex artt. 18, comma 1, 20, comma 1, 21, comma 4, e 29, comma 2, D. Lgs. n. 42/04. D. Lgs. n. 42/04, in combinato disposto con l’art. 7 bis D. Lgs. n. 42/04, possa estrinsecarsi nell’imposizione di un vincolo di destinazione d’uso della res a garanzia non solo della sua conservazione, ma pure della continua ricreazione, condivisione e trasmissione della manifestazione culturale immateriale di cui la cosa costituisce testimonianza.

Vedremo in che modo la Plenaria saprà prendere posizione.