(Cons. Stato, sez. V, 29 dicembre 2022, n. 11596)
Emblematica sentenza, con cui le sorti di un importante accordo quadro in materia di lavori stradali hanno subito alterne vicende.
In primo grado l’aggiudicazione è stata annullata perché:
– nel sub raggruppamento (che avrebbe dovuto eseguire la categoria OG11) la mandataria non aveva indicato di assumere i lavori nella misura maggioritaria;
– a tale carenza non poteva porsi rimedio con il subappalto necessario, perché nessuna indicazione specifica era stata compiuta nella domanda di partecipazione.
Con il ricorso incidentale, invece, l’aggiudicataria aveva posto la questione del cumulo alla rinfusa del consorzio stabile, che però il TAR ha rigettato aderendo alla interpretazione secondo cui è sufficiente che l’attestazione SOA sia posseduta dal consorzio stabile, senza che sia richiesta anche alle consorziate indicate come esecutrici.
Con la sentenza in commento, invece, le tre questioni sono state decise in modo diverso:
- la questione del possesso dei requisiti in capo alla mandataria in misura maggioritaria è stata superata facendo applicazione della sentenza della Corte di giustizia UE, sez. VI, 26 aprile 2022, in causa C-642/20 Caruter srl, ribaltando quindi l’esito del primo grado;
- la questione del subappalto necessario è stata confermata, aggiungendo che la possibilità di applicare il soccorso istruttorio risulta preclusa, secondo quanto previsto da un certo orientamento;
- la questione del cumulo alla rinfusa è stata risolta in senso opposto rispetto al primo grado, aderendo all’orientamento che impone alle consorziate di possedere le attestazioni SOA, senza potersi avvalere dell’attestazione SOA del consorzio.
È tuttavia curioso osservare come nessuna delle tre questioni giuridiche su cui si è basata la sentenza, e quindi le sorti della commessa pubblica, abbia un fondamento normativo certo ed esplicito. Si tratta, per ciascuna di esse, di regole elaborate dalla giurisprudenza (interna e sovranazionale), allo scopo di colmare vuoti normativi.
Ma il fatto di non essere espresse da una fonte normativa, rappresenta per gli interpreti una grave compromissione delle insopprimibili esigenza di certezza del diritto.
Si pensi al tema della misura maggioritaria: la pronuncia della Corte di giustizia UE, con il conseguente obbligo di conformazione da parte dei giudici degli Stati membri, ha letteralmente ribaltato l’esito di primo grado.
Con riguardo alla questione del subappalto necessario, ci si sarebbe attesi dal nuovo codice una esplicita presa di posizione da parte del legislatore, vista l’importanza dell’argomento. E invece, come si legge nella Relazione del 7 dicembre 2022, l’art. 119 del nuovo codice continua a non disciplinare la questione, che quindi rimane esposta agli oscillamenti giurisprudenziali.
Quanto infine al cumulo alla rinfusa, sulla base di quello che oggi risulta previsto all’art. 67 dello schema di codice, la questione sarebbe stata risolta in senso opposto rispetto a quanto disposto dalla sentenza in commento, che invece ha aderito ad uno degli orientamenti espressi dalla giurisprudenza.
Insomma, sembra proprio che nella materia degli appalti sia troppo difficile elaborare norme in grado di includere ogni aspetto della procedura di affidamento. Conclusione ancora più strana, se si tiene conto della amplissima aelaborazione giurisprudenziale che nel frattempo si è stratificata su ogni singolo aspetto.
Vale infine la pena di rammentare come le Sezioni Unite abbiano recentemente affermato che “la giurisprudenza non è fonte del diritto” (n. 38162 del 30 dicembre 2022).