Condono in area vincolata: alcune precisazioni dal CGARS

(CGARS, 20 settembre 2024, n. 715)

Sebbene la pronuncia riguardi la legislazione regionale siciliana, il CGARS fornisce utili indicazioni da valere nell’ambito del procedimento di condono.

La prima concerne il ruolo del parere di competenza della Soprintendenza preposta alla tutela del vincolo, che viene qualificata in termini di atto endoprocedimentale e non di provvedimento autonomo. Peraltro, viene specificato, sebbe il parere sia un passaggio obbligato del procedimento di condono, la Soprintendenza non ha il potere annullare l’eventuale provvedimento che fosse stato emanato in mancanza del parere.

Nel procedimento di sanatoria edilizia ex art. 32 della l. n. 47/1985, il parere della Soprintendenza, preposta alla tutela del vincolo, non costituisce un provvedimento autonomo, ma un mero atto endoprocedimentale, pur se vincolante, che si inserisce nel procedimento, ex art. 35 della l. n. 47/1985, di rilascio del titolo edilizio, che è di competenza esclusiva del Comune. Il parere dell’ente di tutela integra, quindi, un atto endoprocedimentale la cui omissione si riflette esclusivamente sulla legittimità del provvedimento finale di condono.

Pertanto, la Soprintendenza non ha poteri repressivi autonomi rispetto al (già rilasciato, nel caso di specie) condono edilizio, sebbene il suo parere sia un passaggio obbligato e condizionante la validità del titolo edilizio.

La seconda riguarda il vizio di incompetenza e la possibilità di considerarlo sanabile ai sensi dell’art. 21-octies della legge n. 241/90.

A tale ultima problematica il CGARS, facendo espresso riferimento alla Adunanza Plenaria n. 5 del 2015, risponde in senso negativo.

In un ordinamento ispirato al principio di legalità, questo Collegio non ritiene possibile aderire alla tesi dell’irrilevanza strutturale – id est dequotazione, alias sussumibilità nella fattispecie sanante di cui all’art. 21-octies L. 241/1990 – del vizio di incompetenza (relativa o assoluta che sia), giacché il principio di legalità costituzionalmente sotteso all’ordinamento amministrativo non consente a qualsiasi ente o organo amministrativo di fare tutto ciò che sia giusto e legittimo, ma di competenza altrui: deve, all’opposto, affermarsi che, per quanto “forte” sia l’interesse a essa sotteso, l’attività svolta da un soggetto o da un organo incompetente è concettualmente da parificare – una volta che il vizio di incompetenza sia stato fondatamente dedotto – all’attività amministrativa non ancora esercitata, quella potendo essere svolta solo dall’ente e dall’organo cui l’ordinamento ha attribuito la competenza a provvedere.

Siffatta conclusione consegue, quale suo necessario corollario, alla natura intrinsecamente assorbente di ogni altro vizio che è tipica di quello di incompetenza (quand’anche relativa): corretta e preclara risulta, in proposito, l’argomentazione svolta – e il conseguente principio di diritto affermato, nella specie vincolante non solo ratione imperii, ma ancor prima e soprattutto rationis imperio – dalla Adunanza Plenaria del C.d.S. nella sentenza del 27 aprile 2015, n. 5.