La responsabilità della PA va inquadrata nell’illecito aquiliano

(Cons. Stato, Ad. Plen., 23 aprile 2021, n. 7)

Il dibattito sulla natura giuridica della responsabilità della PA si arricchisce di un nuovo e autorevole passaggio, che almeno in teoria dovrebbe superare molte delle questioni fino ad oggi controverse.

Vengono respinte le teorie che tendevano ad enfatizzare l’aspetto “obbligatorio” del rapporto tra cittadino e PA, o quelle di derivazione tedesca sul “contatto sociale qualificato”, rimarcando all’opposto la peculiarità costituita dalla posizione di supremazia che l’ordinamento assegna alla PA, in funzione della realizzazione di interessi pubblici.

L’ingiustizia del danno, intesa come lesione di un bene della vita che spetta al cittadino, viene posta al centro del sistema di tutele, anche quando si tratti del ritardo con cui la PA esercita il proprio potere.

Nel caso specifico posto all’attenzione della Plenaria, il ritardo nell’esercizio dei poteri attribuiti alla PA è stato ritenuto la causa della sopravvenienza normativa che ha reso inappetibile l’operazione economica a cui il privato aspirava (impianti fotovoltaici, in relazione ai diversi “conti energia”).

Interessante anche il passaggio in cui la Plenaria enumera le diverse funzioni della responsabilità extracontrattuale, oltre alla reintegrazione patrimoniale, individuate nella dissuasione (come corollario del neminem laedere) e nella equa ripartizione dei rischi (come corollario del cuius commoda eius et incommoda).

In conclusione, la Plenaria ha stabilito i seguenti principi da applicare al caso di specie:

– a) la responsabilità della pubblica amministrazione per lesione di interessi legittimi, sia da illegittimità provvedimentale sia da inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento, ha natura di responsabilità da fatto illecito aquiliano e non già di responsabilità da inadempimento contrattuale; è pertanto necessario accertare che vi sia stata la lesione di un bene della vita, mentre per la quantificazione delle conseguenze risarcibili si applicano, in virtù dell’art. 2056 cod. civ. –da ritenere espressione di un principio generale dell’ordinamento- i criteri limitativi della consequenzialità immediata e diretta e dell’evitabilità con l’ordinaria diligenza del danneggiato, di cui agli artt. 1223 e 1227 cod. civ.; e non anche il criterio della prevedibilità del danno previsto dall’art. 1225 cod. civ.;

– b) con riferimento al periodo temporale nel quale hanno avuto vigenza le disposizioni sui relativi benefici, è in astratto ravvisabile il nesso di consequenzialità immediata e diretta tra la ritardata conclusione del procedimento autorizzativo ex art. 12 d.lgs. n. 387 del 2003 e il mancato accesso agli incentivi tariffari connessi alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili quando la mancata ammissione al regime incentivante sia stato determinato da un divieto normativo sopravvenuto che non sarebbe stato applicabile se i termini del procedimento fossero stati rispettati;

– c) con riferimento al periodo successivo alla sopravvenienza normativa, occorre stabilire se le erogazioni sarebbero comunque cessate, per la sopravvenuta abrogazione della normativa sugli incentivi, nel qual caso il pregiudizio è riconducibile alla sopravvenienza legislativa e non più imputabile all’amministrazione, oppure se l’interessato avrebbe comunque avuto diritto a mantenere il regime agevolativo, in quanto la legge, per esempio, faccia chiaramente salvi, e sottratti quindi all’abrogazione, gli incentivi già in corso di erogazione e fino al termine finale originariamente stabilito per gli stessi;

d) in ogni caso, il danno va liquidato secondo i criteri di determinazione del danno da perdita di chance, ivi compreso il ricorso alla liquidazione equitativa, e non può equivalere a quanto l’impresa istante avrebbe lucrato se avesse svolto l’attività nei tempi pregiudicati dal ritardo dell’amministrazione.