La usucapibilità di un’area sottoposta ad esproprio

(Cass. civ., SSUU, 12 gennaio 2023, n. 651)

Può accadere, nella pratica, che l’Amministrazione espropriante non dia concreta esecuzione al decreto di esproprio, ad esempio omettendo di prendere possesso dell’area e, conseguentemente, di realizzare l’opera.

Il soggetto espropriato, in tal caso, si trova a prolungare un rapporto di fatto con il bene immobile, visto che la proprietà è stata trasferita con il decreto in favore del Comune.

In simili condizioni, occorre verificare se il rapporto tra il soggetto espropriato e il bene possa qualificarsi in termini di possesso, e se quindi possa ipotizzarsi un riacquisto della proprietà attraverso l’usucapione.

Il tema della usucapibilità di un bene immobile validamente espropriato ha dato luogo, in giurisprudenza, a due opposti orientamenti, recentemente risolti dalle Sezioni Unite.

Secondo una prima tesi, il provvedimento ablativo non incide sull’animus rem sibi habendi del soggetto espropriato, il quale quindi può validamente invocare l’usucapione, naturalmente ove ricorrano le condizioni di legge.

Secondo l’opposta tesi, il decreto di esproprio esclude qualsiasi situazione di diritto o di fatto con esso incompatibile, con la conseguenza che il proprietario espropriato perde l’animus possidendi, a meno che non intervenga una interversione del possesso.

Il contrasto è stato risolto dalla sentenza in commento, che ha aderito a quest’ultimo orientamento ed ha affermato i seguenti due principi di diritto, a seconda che la controversia rientri nel previgente regime (legge n. 2359 del 1865) o in quello attualmente in vigore (DPR n. 380/2001):

  • (13). – (…) nelle controversie soggette al regime normativo antecedente all’entrata in vigore del t.u. n. 327 del 2001, nelle quali la dichiarazione di pubblica utilità sia intervenuta prima del 30 giugno 2003, nel caso in cui al decreto di esproprio validamente emesso (…) – che è idoneo a far acquisire al beneficiario dell’espropriazione la proprietà piena del bene e ad escludere qualsiasi situazione di fatto e di diritto con essa incompatibile – non sia seguita l’immissione in possesso, la notifica o la conoscenza effettiva del decreto comportano la perdita dell’animus possidendi in capo al precedente proprietario, il cui potere di fatto sul bene – se egli continui ad occuparlo – si configura come una mera detenzione, con la conseguenza che la configurabilità di un nuovo periodo possessorio, invocabile a suo favore “ad usucapionem”, necessita di un atto di interversio possessionis da esercitare in partecipata contrapposizione al nuovo proprietario, dal quale sia consentito desumere che egli abbia cessato di esercitare il potere di fatto sulla cosa in nome altrui e iniziato ad esercitarlo esclusivamente in nome proprio. Resta fermo il diritto dell’espropriato di chiedere la retrocessione totale o parziale del bene;
  • (15.1). – (…) nelle controversie soggette ratione temporis al t.u. n. 327 del 2001, l’esecuzione del decreto di esproprio con l’immissione in possesso del beneficiario dell’espropriazione (mediante redazione di apposito verbale) nel termine perentorio di due anni (art. 24, comma 1) costituisce condizione sospensiva di efficacia del decreto di esproprio (art. 24, comma 1, lett. f, h), con la conseguenza che il decreto di esproprio, se non è tempestivamente eseguito, diventa inefficace e la proprietà del bene si riespande immediatamente in capo al proprietario, perdendo rilevanza la questione dell’usucapione, salvo il potere dell’autorità espropriante di emanare una nuova dichiarazione di pubblica utilità entro i successivi tre anni (art. 24, comma 7), nel qual caso dovrà essere emesso un nuovo decreto di esproprio, eseguibile entro l’ulteriore termine di due anni di cui al’art. 24, comma 1; nel caso in cui il decreto di esproprio sia tempestivamente eseguito con la tempestiva redazione del verbale di immissione in possesso ma il precedente proprietario o un terzo continuino ad occupare o utilizzare il bene, si realizza una situazione di mero fatto non configurabile come possesso utile ai fini dell’usucapione.

Come si vede, la questione della permanenza o meno dell’animus possidendi in capo al soggetto espropriato, ai fini della usucapione, rileva concretamente nel regime previgente della espropriazione, perché nella disciplina del DPR n. 380/01 la efficacia del decreto di esproprio è condizionata alla tempestiva immissione in possesso dell’area ed alla esecuzione dell’opera di pubblica necessità.