(TAR Lombardia, Milano, sez. IV, 11 novembre 2024, n. 3091)
La sentenza in commento ci consente di riepilogare i termini di una questione ancora controversa in giurisprudenza, relativa all’effetto prodotto dall’istanza di sanatoria sul provvedimento di demolizione.
Sul punto non esiste una norma espressa (v. Cons. Stato, sez. II, 18 marzo 2020, n. 1925), e quindi la giurisprudenza è stata costretta a colmare il vuoto attraverso un’opera di interpretazione.
I risultati a cui si è pervenuti, tuttavia, non sono univoci e si registrano almeno tre orientamenti.
Primo orientamento: effetto meramente sospensivo.
Secondo la giurisprudenza prevalente, la presentazione dell’istanza di sanatoria produce un effetto sospensivo sull’efficacia dell’eventuale ordine di demolizione che fosse stato precedentemente emanato.
Effetto che diverrebbe definitivo in caso di accoglimento dell’accertamento di conformità.
In caso di esito negativo dell’istanza, invece, l’ordine di demolizione riascquisterebbe nuovamente efficacia, senza necessità per l’Amministrazione di adottare un nuovo provvedimento di ripristino.
Tale primo orientamento è stato ben esposto da una sentenza del relatore Plaisant, in cui vengono richiamate le pronunce del Consiglio di Stato a supporto della tesi, nonché fornite anche indicazioni operative su come estendere l’effetto sospensivo dell’ordine di demolizione, attraverso l’impugnativa del provvedimento di rigetto dell’istanza di sanatoria.
TAR Sardegna, sez. II, 22 marzo 2023, n. 211:
il Collegio intende aderire all’orientamento giurisprudenziale, richiamato dal Comune e ormai divenuto maggioritario, secondo cui la presentazione di una richiesta di sanatoria sospende temporaneamente l’efficacia dell’ordinanza di demolizione, che si riespande automaticamente una volta respinta la suddetta richiesta, senza che sia necessaria, dunque, l’adozione di una nuova ordinanza di demolizione (si vedano, da ultimo, Consiglio di Stato, Sez. VI, 27 settembre 2022, n. 8320, Consiglio di Stato, Sez. II, 3 novembre 2022, n. 9631, Consiglio di Stato, Sez. VI, 8 aprile 2022, n. 2596 e Consiglio di Stato, Sez. VI, 17 marzo 2022, n. 1959, le quali si inseriscono nel filone, ormai unanime, di Consiglio di Stato, Sez. VI, 22 gennaio 2021, n. 666, Consiglio di Stato, Sez. VI, 25 settembre 2020, n. 5632, Consiglio di Stato, Sez. VI, 5 novembre 2018, n. 6233 e svariate altre).
In quest’ottica la presentazione della richiesta di sanatoria semplicemente sospende l’efficacia dell’ordinanza di demolizione, “congelando” i termini di legge previsti per la sua esecuzione, tanto che dal momento della comunicazione all’interessato dell’eventuale diniego di quella richiesta riprende automaticamente efficacia la pregressa ordinanza di demolizione e l’interessato ha novanta giorni per eseguirla dalla data della relativa comunicazione, incorrendo, altrimenti, nelle conseguenze sanzionatorie di legge, tra cui, per quel che ora specificamente interessa, la sanzione pecuniaria oggetto della censura in esame.
Per completezza si deve, altresì, precisare che l’interessato dispone anche di una strada alternativa, cioè quella di impugnare il diniego di accertamento di conformità e chiederne l’immediata sospensione in via cautelare, giacché l’eventuale accoglimento di quest’ultima istanza ha la capacità di “riaprire” il procedimento di sanatoria, privando di efficacia l’atto che l’aveva concluso, e perciò di “ricongelare” l’efficacia della presupposta ordinanza di demolizione, per cui i termini di legge decorrenti, a fini sanzionatori, dalla stessa potranno riprendere a decorrere, eventualmente, solo dal momento della pubblicazione della sentenza di rigetto nel merito del ricorso avverso il diniego di sanatoria.
Cons. Stato, sez. VI, 15 marzo 2023, n. 2704:
Quando vi è l’impugnazione di un atto avente natura sanzionatoria in materia edilizia e vi è la proposizione di una domanda di accertamento di conformità, in base alla legislazione vigente nessuna disposizione prevede che il giudice amministrativo debba sospendere il giudizio, ovvero che l’amministrazione o il giudice debbano rilevare la sopravvenuta carenza di effetti dell’atto sanzionatorio in precedenza emesso.
4.3. Al riguardo: “Sostenere che la sola presentazione della domanda di accertamento di conformità determina il superamento del provvedimento sanzionatorio innescherebbe un procedimento ricorsivo senza fine perché il soggetto sanzionato potrebbe rinnovare (senza limitazioni di alcun genere) la domanda a seguito della riadozione di quel provvedimento. E ciò in contrasto con i principi dell’ordinamento che impongono l’accertamento delle situazioni giuridiche in via definitiva” (Cons. Stato, sez. VI, 16.2.2021, n. 1432; 08.01.2021, n. 308).
4.4. Secondo l’orientamento giurisprudenziale oramai consolidato, la presentazione di una istanza di sanatoria, ai sensi dell’art. 36 del D.P.R. n. 380 del 2001, come avvenuto nel caso concreto da parte degli appellanti, determina soltanto un arresto interinale dell’efficacia dell’ordine di demolizione, ponendolo in stato di temporanea quiescenza. In caso di rigetto dell’istanza di sanatoria, l’ordine di demolizione riacquista la sua efficacia, senza alcuna necessità per l’Amministrazione di adottarne uno nuovo (Cfr. ex plurimis, Cons. Stato, sez. VI, n. 1150 del 2022; n. 1432 del 2021, n. 2681 del 2017, n. 1565 del 2017, n. 1393 del 2016, n. 466 del 2015, n. 2307 del 2014).
Cons. Stato, sez. VI, 8 marzo 2023, n. 2433:
6.3.1 Secondo la costante giurisprudenza della Sezione, “La presentazione di una istanza di sanatoria non comporta l’inefficacia del provvedimento sanzionatorio pregresso, ma la sua mera sospensione; pertanto non si ravvisa un’automatica necessità per l’Amministrazione di adottare, se del caso, un nuovo provvedimento di demolizione e, rigettato il condono, la demolizione, temporaneamente inefficace in pendenza del procedimento di sanatoria, riprende vigore” (Consiglio di Stato sez. VI, 08/04/2022, n.2596). Decorso il termine di sessanta giorni dalla presentazione dell’istanza, inoltre, sulla stessa si forma il silenzio rigetto e di conseguenza l’ordine di demolizione torna ad essere efficace senza che sia necessario per il Comune adottare un nuovo provvedimento ripristinatorio.
Secondo orientamento: effetto invalidante.
Secondo altro orientamento, invece, la presentazione dell’istanza di accertamento di conformità determinerebbe l’inefficacia della misura demolitoria, con conseguente obbligo, in capo all’Amministrazione, di rivalutare l’abuso e di pervenire ad una nuova pronunzia.
Da ciò, inoltre, la giurisprudenza ha ritenuto di far conseguire l’improcedibilità per sopravvenuta carenza d’interesse dell’impugnazione avverso l’ordine di demolizione.
Cons. Stato, sez. V, 22 agosto 2024, n. 7203:
Più precisamente, la presentazione dell’istanza di accertamento di conformità, successivamente all’impugnazione dell’ordinanza di demolizione, produce l’effetto di rendere inefficace tale ultimo provvedimento, e quindi improcedibile l’impugnazione stessa per sopravvenuta carenza di interesse; infatti il riesame dell’abusività dell’opera provocato da tale istanza, sia pure al fine di verificare l’eventuale sanabilità di quanto costruito, ex se comporta la necessaria adozione di un nuovo provvedimento (di accoglimento o di rigetto) che vale comunque a superare il provvedimento oggetto di gravame, dal momento che, in caso di diniego del richiesto accertamento di conformità, l’amministrazione comunale dovrebbe emettere una nuova ordinanza di demolizione, con fissazione di nuovi termini per ottemperarvi.
Cons. Stato, sez. II, 10 agosto 2020, n. 4982:
1.1 Come da questa Sezione rilevato (cfr. sentenza 20 dicembre 2019, n. 8638), a fronte della presentazione dell’istanza di accertamento di conformità, ai sensi dell’art. 36 del D.P.R. n. 380/2001, va dichiarato improcedibile, per sopravvenuta carenza di interesse, il rimedio giurisdizionale proposto avverso l’ordine ripristinatorio, in conformità all’orientamento consolidato di questo Consiglio per cui, una volta presentata tale istanza, “l’interesse del responsabile dell’abuso edilizio si sposta, dall’annullamento del provvedimento sanzionatorio già adottato e divenuto inefficace, all’annullamento del provvedimento di reiezione della domanda di sanatoria e degli eventuali ulteriori provvedimenti sanzionatorii, che il Comune è tenuto ad emanare (con atto che ha natura vincolata, una volta che siasi verificato che non sussistono le condizioni per la sanatoria delle opere abusive) all’esito della attivazione di un nuovo procedimento ripristinatorio, il cui provvedimento conclusivo dovrà tra l’altro assegnare agli interessati un nuovo termine per adempiere”.
Cons. St., Sez. VI, 3 marzo 2020, n. 1540:
(…) la proposizione di istanza permesso a costruire in sanatoria in relazione alle opere abusive oggetto dell’ordinanza di demolizione fa venire meno l’interesse alla decisione dell’odierno gravame e ancor prima all’originario ricorso di prime cure, atteso che secondo consolidata giurisprudenza di questo Consiglio, la presentazione dell’istanza di sanatoria, sia essa di accertamento di conformità sia essa di condono, produce l’effetto di rendere inefficace il provvedimento sanzionatorio dell’ingiunzione di demolizione e, quindi, improcedibile l’impugnazione per sopravvenuta carenza di interesse (cfr. da ultimo, CGA 15 maggio 2018, n. 271; Cons. St., Sez. IV, 28 novembre 2013, n. 5704).
C.G.A.R.S. in s.g., 15 maggio 2018, n. 271:
Il Collegio ritiene che l’stanza di sanatoria presentata dal Teresi produce l’effetto di rendere inefficace il provvedimento sanzionatorio dell’ingiunzione di demolizione e, quindi, improcedibile l’impugnazione stessa per sopravvenuta carenza di interesse, siccome rivolta avverso un atto che ha medio tempore perduto qualsiasi capacità lesiva. Si tratta di una conclusione sulla quale converge lo stesso appellante che nei suoi scritti difensivi manifesta l’interesse ad una decisione che però non può essere adottata in quanto il ricorso introduttivo proposto avverso un atto (divenuto) inefficace è, a sua volta, diventata improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.
Le doglianze avanzate con il ricorso per motivi aggiunti sono rivolte nei confronti di un atto endoprocedimentale insuscettibile di ledere gli interessi dell’appellante e quindi il ricorso per motivi aggiunti deve essere dichiarato inammissibile.
La tutela della posizione dell’odierno appellante potrà pienamente dispiegarsi nei confronti del provvedimento finale dell’amministrazione comunale avverso il quale potranno essere esperiti i rimedi previsti dall’ordinamento e, in quella sede, potranno prospettarsi ulteriori doglianze che al momento non possono avere ingresso in questo giudizio.
Cons. Stato, sez. IV, 28 novembre 2013, n. 5704:
Invero l’appellante aveva gravato in primo grado, tra l’altro, il provvedimento dirigenziale (…) con cui era stato denegato il permesso di costruire a sanatoria (…) e contestualmente era stata ingiunta la demolizione delle opere (….).
Successivamente ebbe a presentare istanza di conformità delle dette opere.
(…)
L’incidenza processuale dell’avvenuta presentazione della domanda suddetta è senza dubbio quella esattamente colta dal Tar.
Invero sia la giurisprudenza di primo grado (ex multis, T.A.R. Piemonte Torino Sez. II, 18-01-2013, n. 48) che quella di questo Consiglio di Stato (tra le tante Cons. Stato Sez. IV, 12-05-2010, n. 2844) affermano, condivisibilmente, che “in tema di abusivismo edilizio la presentazione dell’istanza di accertamento di conformità, ai sensi dell’art. 36 del D.P.R. n. 380/2001, successivamente all’impugnazione dell’ordine di demolizione produce l’effetto di rendere improcedibile l’impugnazione stessa per sopravvenuta carenza di interesse” .
La ratio di tale portata effettuale è ovvia: il riesame dell’abusività dell’opera provocato dall’istanza di sanatoria determina la necessaria formazione di un nuovo provvedimento, di accoglimento o di rigetto che vale comunque a rendere inefficace il provvedimento sanzionatorio oggetto dell’originario ricorso.
Negli stessi termini risulta schierata anche Cons. Stato, sez. IV, 16 settembre 2011, n. 5228 (v. Cons. Stato, sez. II, 6 maggio 2021, n. 3545).
Terzo orientamento: effetto posticipativo.
Un terzo orientamento giurisprudenziale, mediano rispetto ai due precedentemente esposti, ritiene che la presentazione di una istanza di sanatoria, pur non implicando alcun effetto invalidante sull’ordine di demolizione, imporrebbe l’applicazione di una “regola di buona amministrazione”, in base alla quale il Comune dovrebbe prima esprimersi sull’istanza di sanatoria e poi procedere con l’esecuzione dell’ordine di demolizione.
Cons. Stato, sez. II, 18 marzo 2020, n. 1925:
Come sottolineato dalla giurisprudenza amministrativa, «non vi è alcuna disposizione di legge, tanto meno nel testo unico n. 380 del 2001, per la quale la presentazione di una domanda di sanatoria di abusi edilizi renderebbe irrilevanti i precedenti ordini di demolizione e gli altri atti sanzionatori.
Al riguardo, va osservato che alcune disposizioni del passato (riconducibili alla legge n. 47 del 1985 e aventi portata eccezionale) hanno previsto la sospensione dei giudizi pendenti e la mancata eseguibilità di atti di natura sanzionatoria, riguardanti i manufatti oggetto delle cd istanze di condono straordinario» (Consiglio di Stato, sezione VI, sentenza 9 aprile 2013, n. 1909).
Pertanto, quando è emesso un ordine di demolizione e l’interessato proponga un’istanza di sanatoria, il provvedimento repressivo continua a produrre effetti, sicché, da un lato, il soggetto sanzionato mantiene l’interesse a proporre ricorso (quindi su di lui grava un onere di tempestiva impugnazione) e, dall’altro, l’amministrazione può portare senz’altro ad esecuzione il proprio provvedimento, anche se costituisce una regola di buona amministrazione (al fine evitare responsabilità ove sia demolito un manufatto assentibile ex post) che l’esecuzione materiale dell’atto sia preceduta dalla reiezione dell’istanza di sanatoria, il che non comporta tuttavia sul piano squisitamente giuridico la neutralizzazione dell’efficacia dell’ordine di demolizione.
Inutile concludere che la diversità di interpretazioni si riflette negativamente sulla certezza del diritto, requisito fondamentale per qualsiasi attività imprenditoriale.