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L’ordine di bonifica rientra nei mezzi ordinari di tutela in forma specifica contro il danno ambientale

(Cons. Stato, Ad. Plen., 22 ottobre 2019, n. 10)

La Plenaria del Consiglio di Stato ha mutato il proprio precedente orientamento, stabilendo i seguenti tre principi:

  • l’inquinamento ambientale commesso prima dell’entrata in vigore della legge che ha introdotto l’obbligo di bonifica (d.lgs. 5 febbraio 1997, art. 17), costituendo un fatto illecito ex art. 2043 c.c., giustifica l’applicazione di un rimedio ripristinatorio in forma specifica come l’ordine di bonifica, rientrante nell’ambito applicativo dell’art. 2058 (seppure senza il limite della eccessiva onerosità);
  • l’ordine di bonifica impartito per un fatto commesso prima del 1997 non costituisce l’applicazione retroattiva di una sanzione punitiva;
  • la bonifica può essere ordinata anche a carico della società che sia subentrata al responsabile per effetto di fusione per incorporazione.
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La nullità urbanistica si applica anche agli atti di scioglimento della comunione ereditaria

(Cass. civ., SSUU, 7 ottobre 2019, n. 25021)

Le Sezioni Uniti civili della Corte di Cassazione hanno mutato orientamento sulla applicabilità del regime della nullità urbanistica (ex art. 46 del DPR n. 380/01 e art. 40, co. 2 della legge n. 47 del 1985) agli atti di scioglimento della comunione, sia ordinaria che ereditaria.

Il revirement è stato operato muovendo dalla qualificazione degli stessi in termini di atti inter vivos e non mortis causa.

La sentenza, inoltre, oltre a ricostruire in modo assai approfondito il sistema sanzionatorio civilistico degli abusi edilizi, ha illustrato le ragioni per cui il regime della nullità non trova applicazione agli atti derivanti da procedure esecutive immobiliari, individuali o concorsuali, stabilendo che la regola trova applicazione anche per gli atti di scioglimento della comunione avente ad oggetto immobili abusivi.

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La variante al PRG non può essere adottata implicitamente dal Comune

(Cons. Stato, sez. IV, 17 ottobre 2019, n. 7051)

Il Consiglio di Stato ha escluso che il Comune possa implicitamente revocare una propria precedente delibera di adozione della variante al PRG, sottolineando il centrale rilievo che assumono nella materia urbanistica le esigenze di certezza e stabilità.

La tipicità del potere, viene affermato, “si manifesta anche e soprattutto con la tipicità delle forme di esteriorizzazione del potere e, a monte, dei propedeutici procedimenti”.

La materia urbanistica, si aggiunge, “non ammette né può ammettere, per le imprescindibili esigenze di certezza, formalità e stabilità che la connotano, manifestazioni implicite del potere”.

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Ancora sulla piscina interrata in zona vincolata

(TAR Lazio-Roma, sez. II-bis, 7 ottobre 2019, n. 11586)

Il TAR per il Lazio ha ribadito, richiamando giurisprudenza sia amministrativa che ordinaria (civile e penale), che la realizzazione di una piscina interrata in zona vincolata richiede il rilascio del permesso di costruire e della autorizzazione paesaggistica.

Ha inoltre aggiunto che la piscina non può essere intesa in termini di mera pertinenza in senso urbanistico, “in ragione della funzione autonoma che è in grado di svolgere rispetto a quella propria dell’edificio al quale accede”. La stessa qualificazione è stata estesa, inoltre, al portico e ai pannelli solari.

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Non conforme alla direttiva 2014/24/UE il limite del 30% all’ammissibilità del subappalto

(Corte di giustizia UE, sez. V, 26 settembre 2019, in causa C-63/18)

La Corte di giustizia UE ha stabilito che, sebbene in astratto sia possibile che i principi generali del Trattato subiscano restrizioni per esigenze connesse alla lotta alla criminalità, la disciplina del subappalto contenuta all’art. 105, co. 2, del d.lgs. n. 50/2016 costituisce una violazione del principio di proporzionalità, perché “eccede quanto necessario al raggiungimento di tale obiettivo”.

Essendo stato acclarato il contrasto con la disciplina eurounitaria da parte della Corte di giustizia, d’ora in poi i giudici (e le stazioni appaltanti) saranno tenuti a disapplicare l’art. 105, co. 2 del vigente codice appalti.

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